DA ATLAS A PENGUIM BLOOM CON TORNATORE ED OZPETEK IL FESTIVAL DI TAORMINA CI SALUTA. QUESTA SERA LA PREMIAZIONEE

Allegra è una giovane donna con la passione per l’arrampicata, la cui vita viene sconvolta da un attentato terroristico in cui rimangono uccisi alcuni suoi amici. La trama di Atlas, secondo lungometraggio di finzione del luganese Niccolò Castelli, dopo Tutti giù, che fu presentato nel 2012 al Festival di Locarno, sembra concludersi in questo ma vi è la osservazione di un gravissimo attentato avvenuto in Marocco che però diventa il momento di un discorso complessivo su tutti gli attentati terroristici di questi anni assurdi culminati poi con la Pandemia.

E’ stato un tempo infinito scrivere la sceneggiatura – dice il suo autore – ma è un film fisico in cui si capisce la emozione durante le riprese che sono durate ben due anni. Era il 2018 quando ho fatto il provino, sottolinea la protagonista Matilda De Angelis, e il film poi è iniziato nel 2020, perché si è iniziato a raccontare una storia vera e reale e poi attraverso i ricordi della protagonista si è proseguito con flash back che magari riguardano altre storie ma per la riacquisizione del prima, il passato riemerge secondo un punto di vista personale. Non si puo’ essere neutrali e il pudore diventa qui il non mancare di rispetto alle vittime di tutti questi attentati brutali arrivati poi anche in Europa. Il film non è  legato alla vera storia e, come sottolinea il regista, non volevamo né esagerare e neppure sottrarre dolore, ecco perché  si sono eliminati molti dialoghi, prima scritti, in quanto il silenzio ed i ricordi rendono molto di più il film di denuncia.

Niccolò Castelli dichiara che è legato al cinema  anni 70 per  tornare a fare un film civico non come quello belga ma vicino alla vita, dato che ci è voluto ben 5 anni per la produzione. Primi piani e silenzi aumentano  il tormento che vive non solo la protagonista ma anche gli amici e i posti che sembrano partecipare del pathos della vicenda. La protagonista usa la propria fragilità  è come un animale in gabbia e la rabbia diventa passività in altri momenti del film. Vediamo il dolore fisico e poi quello psicologico e un sentimento di recupero fisico e mentale che avviene nei 90 minuti del film. Quando si arriva alla consapevolezza di poter tornare autonomi  l’incontro con l’altro è la prima tappa di guarigione. La protagonista del film ha conosciuto la sopravvissuta reale della vicenda poiché voleva capire come percepiva gli altri e così che è nata quella immediata empatia che è immaginazione istintiva. Quando Allegra si apre si contamina. Si tratta di un film universale e dunque ancorato anche alle  emozioni del  dopo pandemia. Lo trovo estremamente ricco di osservazione e sensibilità.

Protagonista del film è Matilda De Angelis, fresca vincitrice del David di Donatello come migliore attrice non protagonista per L’incredibile storia de L’isola delle rose, che torna a interpretare un film “sportivo” dopo Veloce come il vento, un genere che il cinema europeo ha battuto meno di quanto avrebbe potuto e che offre invece sempre emozioni forti. «Allegra», spiega Castelli, «assapora la piena libertà prima del drammatico evento che cambierà la sua vita. Crede di avere davanti un futuro radioso, pronto da cogliere. Quando impatta con la realtà – dura, nuda e cruda come la roccia delle nostre montagne – l’effetto è devastante La posta in gioco, per la donna, è quindi non lasciare che la paura e l’odio la facciano sprofondare in una spirale di solitudine. L’occasione per superare il trauma potrebbe arrivare dall’incontro con Arad (Helmi Dridi), un rifugiato venuto dal Medio Oriente.

L’idea del film affonda le sue radici in una stagione antecedente alla pandemia, ma i temi che pone non hanno perso di attualità, come sottolinea il regista: «la necessità di scrivere Atlas è arrivata circa 10 anni fa, in un momento molto particolare, decisivo. Proprio come succede con l’attuale pandemia, che tocca molti aspetti della nostra vita, allora ebbi la sensazione che qualcosa si stesse insinuando nella nostra quotidianità senza più abbandonarci: la paura».In fondo il virus peggiore per la nostra convivenza civile è proprio la paura dell’altro. «Atlas», prosegue al riguardo Castelli, «è il tentativo di capire come sia possibile superare le nostre paure nell’incontro e nell’apertura verso il diverso. Per sentirci veramente liberi, come sulla vetta di una montagna a contatto con il cielo, forse dobbiamo aprirci all’altro. In un momento in cui tutti anelano alla libertà. E’ un film che fa riflettere sulla conquista della libertà e su cosa questa rappresenti.

Il film, prodotto da Michela Pini (Favolacce) e dalla Imagofilm Lugano di Vili Hermann, è stato nominato al Premio del cinema svizzero 2021 per il miglior film e la miglior fotografia (di Pietro Zuercher).

Nel cast anche Irene Casagrande, Nicola Perot, Anna Manuelli, Kevin Blaser e Neri Marcorè.

Nello splendido scenario del Teatro Antico di Taormina si sarebbe dovuto compiere il miracolo di un altro film delicatissimo ed emozionante “Penguin Bloom”, un film che ti penetra come un sussulto e che ti fa ricordare qualcosa accaduta anche a te, perché la storia dei miracoli e dei disastri è sempre plurale. Ma ci sposteranno al Palacongressi

Mio nonno cadde da un balcone a Taormina per regalare un grappolo di uva a una mendicante e rimase immobile con la spina dorsale in pezzi, anche in quel caso l’odore del suo giardino lo accompagnò sino alla morte, perché poi è la natura che consola.“Come attore cerchi sempre grandi storie di persone ordinarie che riescono a fare cose straordinarie e di come sopravvivono e cercano un modo di reinventare se stessi.”Così Naomi Watts sintetizza Penguin Bloom, il film della regista Glendyn Ivin che è una anteprima nella penultima serata della 67ma edizione del Taormina Film Festival.

La pellicola, acquistata da Netflix, racconta la storia di Samantha Bloom, interpretata dalla stessa Watts, che, accidentalmente, durante una vacanza in Thailandia, in seguito al cedimento della ringhiera cade dal balcone a cui è appoggiata mentre il marito Cameron le sta scattando una foto al tramonto, La Bloom diviene paraplegica ed è condannata all’utilizzo della sedia a rotelle. A salvare la donna dalla tragedia e tutta la sua famiglia dalla disperazione arriva Penguin, un cucciolo di gazza, che grazie alla sua presenza e alla sua tenerezza riuscirà piano piano a riparare i cuori e le relazioni della famiglia Bloom.

Penguin Bloom nasce inizialmente come un libro fotografico dal titolo Penguin Bloom: l’uccellino che salvò la nostra famiglia, a cui hanno lavorato Cameron Bloom, fotografo e marito di Sam, e lo scrittore Bradley Trevor Greive. Il  film è stato realizzato anche grazie alla presenza, dietro la videocamera, della coppia Bloom, “fondamentali per l’identificazione nei personaggi”, secondo il regista e la Watts.

Ivin afferma di aver provato a descrivere la realtà attraverso gli occhi di una persona impossibilitata a fare ciò che prima le era permesso: “Io penso che la cosa bella di questo film nella sua universalità sia che questa è una storia che può capitare a tutti”, perché propone una chiave per riemergere dal confronto con il muro di impotenza costruito dalla disabilità.

Il piccolo Penguin, come molti dei suoi predecessori, mostra a chi guarda il film la funzione ausiliare degli animali nei confronti dell’essere umano. Già in pellicole come A spasso con Bob di Roger Spottiswoode del 2016, Mia e il leone bianco di Gilles De Maistre del 2018, Attraverso i miei occhi di Simon Curtis del 2019 e altre, i rispettivi registi hanno voluto evidenziare il potente legame tra animale ed essere umano,  tra la natura e qualcuno che quella vita naturale non puo’ viverla . Sulla stessa scia, Ivin sottolinea: “E’ un film sul potere della natura, perché a volte possiamo imparare dalla natura.” Penguin aiuta la famiglia che lo adotta a rinascere proprio perché rende possibile l’incontro di adulti e bambini con le parti più primitive, naturali e spontanee di sé. Come riappropriarsi di un segreto antico …di uno sguardo altro.

Naomi Watts ed Andrew Lincoln, per anni protagonista di The Walking Dead, ci regalano l’emozionante rappresentazione di una coppia sgretolata da un tragico evento, che, elaborato il lutto della perdita di quello che era, ha la forza e la capacità di rinascere in qualcosa di nuovo, perché come scriveva Leonard Cohen: “C’è una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce.“.

Questa sera Francesca Michielin chiude il Taormina Film Fest 67 con un omaggio a Franco Battiato oltre gli attesi appuntamenti con due grandi registi del cinema italiano: Giuseppe Tornatore che ha presentato il documentario Lo schermo a tre punte in collaborazione con la Sicilia Film Commission, mentre Ferzan Özpetek festeggia sul palco del Teatro Antico il ventennale de Le fate ignoranti Da Gomorra a Lo sciamano, Salvatore Esposito presenta al Festival il suo primo romanzo e poi la   ad aprire la cerimonia di premiazione della 67ma edizione del Taormina Film Fest condotta dall’attrice Anna Ferzetti, con il suo personale omaggio al maestro Franco Battiato, con cui ha avuto l’onore di collaborare, e alla sua grande musica. Alla vigilia del suo tour Live – Fuori Dagli Spazi che partirà l’8 luglio e a pochi mesi dalla partecipazione con Fedez al Festival di Sanremo con il brano Chiamami per nome – certificato doppio platino e con un video da oltre 33 milioni di views – la cantautrice regalerà al pubblico una emozionante versione piano e voce di Segnali di vita, dall’album di Battiato ‘La Voce del Padrone’ del 1981.     A sottolineare il rapporto con il territorio, l’attesissima proiezione del documentario Lo schermo a tre punte di Giuseppe Tornatore, grazie alla Sicilia Film Commission che ha finanziato la digitalizzazione del film esistente solo in 35mm. A seguire il regista Premio Oscar dialoga in collegamento con il direttore Federico Pontiggia e il pubblico. Lo schermo a tre punte è un’antologia, a tratti ironica, a tratti drammatica dei caratteri, dei comportamenti e degli stereotipi sui quali l’inconscio cinematografico ha costruito un’ipotesi della Sicilia. Nel pomeriggio il pluripremiato regista Ferzan Özpetekautore di romanzi di successo, è protagonista di un incontro con il pubblico, già sold out, in occasione del ventennale di uno dei suoi film più amati, Le fate ignoranti, un vero cult che ha cambiato la storia del cinema italiano e che sta per diventare una serie tv. Dopo una settimana ricca di incontri, nella sua ultima giornata il Festival accoglie  inoltre uno dei più amati attori del cinema e delle grandi serie tv. Dal successo di Gomorra al suo primo romanzo, Salvatore Esposito nell’inedita veste di scrittore presenta Lo sciamano, il noir uscito il 15 giugno con Sperling & Kupfer. Un premio alla bellezza del nostro paese, alla sua prima edizione al Festival, attribuito da ENIT – Agenzia Nazionale del Turismo al film, che fra quelli usciti nell’anno in corso, ha saputo valorizzare il patrimonio artistico e culturale italiano. Sandro Pappalardo, consigliere ENIT, consegna il riconoscimento a Gianluca Jodice, sceneggiatore e regista de Il cattivo poeta, uscito in sala con 01 Distribution.

 

La serata si conclude con la consegna dei premi: Cariddi d’Oro al miglior film, Cariddi d’Argento alla migliore regia e Maschera di Polifemo alla migliore attrice e al migliore attore protagonista. I prestigiosi riconoscimenti, veri oggetti d’arte, sono realizzati da maestro orafo Michele Affidato, frutto di una creatività che coniuga passato e presente, tradizione e modernità.

 

E per celebrare lo stile e il talento interpretativo, ieri sera è stato consegnato il ‘Premio Wella’ a Matilda Lutz, protagonista di A classic horror story, il nuovo film Netflix prodotto da Colorado Film. Sul palco del Teatro Antico l’attrice italo-americana ha ricevuto il premio da Salvatore Clemensi, direttore artistico per Wella al Taormina Film Fest, per il talento e il respiro internazionale: “l’attrice rappresenta pienamente Wella e la sua visione di donna con personalità, carattere e ricca di mille sfumature, come recita la motivazione”.

 

Mentre Giuseppe Rinaldi, in arte Kaballà – artista che si è sempre contraddistinto per lo stile e il percorso alla ricerca di contaminazioni di stili musicali – e’ sul palco per un omaggio a Franco Battiato accompagnato dall’orchestra a Plettro Città di Taormina. L’artista siciliano, riceverà il ‘Premio Videobank’ con la seguente motivazione: “artista colto e sensibile che ha saputo trasmettere a tutti noi e al mondo, l’essenza, l’anima e le passioni della nostra terra, attraverso i suoi testi, la sua musica e la sua inconfondibile voce sviluppando il suo cammino artistico nel solco di un grande innovatore siciliano come Franco Battiato”.

Anna Maria Mazzaglia Miceli

 

 

 

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