ECCELLENTE CONCERTO DI VLADIMIR ASHKENAZY

Gradito ritorno al Teatro Vittorio Emanuele di Messina di un protagonista assoluto della scena mondiale

Come definire Vladimir Ashkenazy, che è tornato Venerdi’ al teatro Vittorio Emanuele, con un concerto mozzafiato? Un tornado …un concentrato di tecnica e virtuosismo ben dosato. Lui, torna a dirigere magistralmente l’Orchestra del Teatro Vittorio, ma questo grande Maestro ed interprete musicale che ha iniziato ad appena 10 anni, ammesso al Conservatorio di Mosca da bambino, dirige le orchestre più famose del mondo, vero genio al pianoforte, accoglie l’invito messinese, recando con sè l’altro figlio Dimitri, che nato a New York nel 69 sceglie la Svizzera, come dimora, volando da Los Angeles a Londra. Il nostro direttore artistico Matteo Pappalardo ha creato un sodalizio di continuità con questo mito della musica che si è innamorato di Messina. Credo che sia l’ennesimo regalo che Matteo Pappalardo fa alla nostra città, dopo La Traviata, per una stagione che si attesta prorompente ed efficace. Dunque merito al Teatro di aver scelto un lungimirante direttore che crea, nella sezione musica, come un racconto di continuità, che personalmente adoro…Io non ho studiato musica ma sono figlia di una pianista che mi ha educato all’ascolto, spesso spiegandomi cosa significa la nota e la sua corretta interpretazione..

Che dire… “L’Overture” da “Le nozze di Figaro è il brano di attacco della Opera di Wolfagang Amadeus Mozart che fa parte dell’opera del settecento. Mi immergo subito nello spirito vibrante della esecuzione…si sente come Mozart si sia allontanato dalla tradizione musicale, seguendo la via della innovazione che fa volare, dentro lo spazio di una purezza musicale. Certe volte chiudo gli occhi perchè abbino la musica dei grandi autori alle immagini ed, indi, ad una mia visione onirica che mi spinge sempre verso il cinema…già…. credo che questa overture sia stata utilizzata molte volte come commento musicale nel cinema. Ricordo il film “Una poltrona per due” di Landis.

Ma Mozart è l’autore anche del secondo brano il “Concerto in La maggiore per clarinetto KV 622”, scritto poche settimane prima di morire. Mozart si innamorò subito del clarinetto poiché pensava a quanta energia sentimentale e variazione potesse esprimere questo nuovo strumento (dalla nostalgia alla malinconia alla vivacità) nelle variazioni musicali, provocando suggestioni soggettive nell’ascoltatore attento. L’orchestrazione del Concerto K 622, predilige timbri raffinati, creando con il solista una intima comunione, tanto ciò è vero che l’autore esclude trombe tromboni ed oboi, il cui suono invasivo avrebbe potuto alterare il valore espressivo. Nel primo movimento, infatti il clarinetto pronuncia il tema immediatamente ed il contrasto fra le diverse tonalità dello strumento viene esplorato: dall’acuto, al sereno al brillante, con inserzione di toni bassi e scuri. L’orchestra, in questo concerto, ha quasi un ruolo subalterno. Il secondo movimento (adagio) diviene come una canzone in tre parti: la prima e l’ultima dedicate all’orchestra, mentre la centrale affidata al solista. Col terzo movimento siamo nel Rondò allegro in cui invece appare chiara l’alternanza tra partitura orchestrale ed il narrante clarinetto. Certo un pezzo difficile che è il tema della ricerca di Mozart, come se Lui stesso procedesse, ma con chiarezza , alla scoperta e all’uso di questo strumento all’interno della partitura.

Splendida esecuzione del solista Dimitri Ashkenazy che penetra l’anima nel suo quasi finire silente.

Esecuzione imperdibile della Sinfonia N. 7 in La Maggiore Op. 92 di L.V. Beethoven, e devo confessare che questo brano è il mio preferito nei toni dirompenti. Estroso più di me, Beethoven esprime la sua forza di attrazione nella vivacità, interrompendo l’impeto solo per dar spazio alla melodia. E’ una forma di presa di coscienza dell’Universo, percepito nella sua vivace composizione coloristica ed esplosiva

Richard Wagner, la definì così: «Questa sinfonia è l’apoteosi della danza. È la dama nella sua massima essenza, l’azione del corpo tradotta in suoni per così dire ideali».

Anche il secondo gruppo è ritmicamente connesso al primo, così l’Epilogo che fa riemergere la figura metrica del primo tema.

Ed ecco che, al culmine del crescendo, c’è un repentino cedimento, come una sospensione; ma il tema resta presente, semplicemente riappare del tutto trasformato e filtrato per infondere il sereno Si tratta solo di un esempio dell’arte della variazione che, costantemente, affiora dalle pagine beethoveniane.

La parte centrale è una parentesi di distensione in cui i fiati dialogano riproducendo l’eco. Tuttavia si comprende che presto tornerà il trionfo, l’enfasi, dopo la divagazione: Beethoven ci racconta così della sua vocazione teatrale affermando la tensione all’interno dei gruppi strumentali nel controcanto. Irrompe poi il vitalismo del primo movimento cui Beethoven non rinuncia.

Il Finale della Settima, l ‘Allegro con brio, fu cosi definito sempre da Wagner: «Con una danza agreste ungherese (come se Beethoven invitasse la natura stessa a dichiararsi, nella esigenza varia della sua stessa espressione). chi mai potesse veder danzare la natura crederebbe di vedere materializzarsi di fronte ai suoi occhi un nuovo pianeta in un immenso movimento a vortice».

E’ un magico tripudio di suoni e dunque scattante e vivace l’Epilogo. Riconosciamo il virtuoso Beethoven che passa dal do al fa maggiore. Continuità ed invenzione anche nel successivo Scherzo. è una seconda apparizione è una distesa con melodia (in un tempo armonico e pacato) che deriva, pare, da un canto popolare di pellegrini.

Il finale, come s’è già inteso, è il culmine della Sinfonia, il luogo in cui dove appare Dionisio . Questo tema fa immaginare una folla che segue ipnotizzata in una esuberanza annunciata ed esaltata la Rivelazione dell’Universo.

Si’ una serata ancora fredda, qui a Messina, ma riscaldata da un concerto prezioso e raro ove ovviamente prevale la struttura impressa dal direttore d’orchestra, diventato anche il mio idolo personale, Vladimir Ashkenazy. Esco e neppure piove, l’Universo continua a raccontarmi e raccontarsi nella sua infinita saggezza che è poi musica e che ridiventa ricerca… verticalizzazione dello spirito…palpito dell’anima che ispira all’arte… la dimensione vera dell’UOMO.

Anna Maria Mazzaglia Miceli

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