LA MASCHERA E IL VOLTO: A Teatro Vittorio Emanuele di Messina tante risate e tanta verità

 

UOMO E GALANTUOMO

CON

e

i

, Patrizia SpinosiCiro CapanoGino CurcioneRoberta LuccaGregorio Maria De PaolaIrene GrassoSalvatore FelacoDemi Licata. 

scene

Andrea Taddei

costumi

Silvia Polidori

disegno luci

Umile Vainieri

musiche

Paolo Coletta

aiuto regia

Norma Martelli

regia

Armando Pugliese

“Uomo e Galantuomo” è il primo testo in tre atti scritto da Eduardo De Filippo conosciuto fino al 1933 con il titolo “Ho fatto il guaio? Riparerò!” ed è una esilarante commedia scritta nel 1922 ed inserita dal suo autore nel gruppo di opere da lui chiamato “Cantata dei giorni pari”. Fu scritta da Eduardo per il Fratellastro Vincenzo Scarpetta e messa in scena nel 1924  con il titolo appena citato riferendosi all’equivoco che si viene a creare nel primo atto e che dà origine allo sviluppo dell’intreccio. Il 23 febbraio 1933 la farsa fu rappresentata dalla compagnia di Eduardo “Teatro Umoristico De Filippo” con il titolo di “Uomo e galantuomo”, in riferimento al comportamento di Gennaro che acconsente a fingersi pazzo per porre rimedio alla situazione, che si mantiene inalterata fino alla fine. Che altro modo c’è per uscir fuori da una scandalosa situazione se non fingersi pazzi?

La trama appare essere molto semplice: Una compagnia di guitti ingaggiata e finanziata da Don Alberto, ricco giovane di buona famiglia che, per allietare le calde serate estive, sceglie di investire una piccola parte della sua ricchezza nel teatro.

La compagnia crea qualche piccolo, risolvibile, problema al Don il quale si verrà a trovare in un ben più grande pasticcio: il giovane è amante di una bella ed affascinante donna da circa tre mesi ed ora walà questa aspetta un bambino. Per strano che possa apparire, la donna non svela chi Lei sia e vuole restare sconosciuta: niente indirizzo né cognome Eppure questa situazione non piace più a Don Alberto che indaga e scopre dove si trova il suo alloggio nel quale si reca per chiedere alla madre della giovane Bice la sua mano. E da lì il gioco delle parti e controparti si fa intrigato.

La commedia è straordinariamente comica e narra la storia di una compagnia di bonaccioni imbroglioni scritturati per una serie di recite in uno stabilimento balneare. Proverbiale la scena delle prove di “Mala nova” di Libero Bovio, in cui un suggeritore maldestro, continuamente frainteso dagli attori, ne combina di tutti i colori. Poi gli intrecci amorosi si mescolano alla finta pazzia, unica via per evitare duelli e galera. Geppy Gleijeses (qui Gennaro De Sia), allievo di Eduardo, dal quale ricevette il permesso a rappresentare le sue opere tra cui la parte di Domenico Soriano in “Filumena Marturano” con la regia di Liliana Cavani, lo ha visto insignito di innumerevoli premi tra cui quello di “Miglior Attore Europeo” conferitogli dall’Accademia Europea Medicea nel 2018. Lorenzo Gleijeses (qui Alberto De Stefano), allievo prediletto di Eugenio Barba, ha già interpretato con grande successo Luigi Strada in “Ditegli sempre di sì” con la regia del padre. Ernesto Mahieux, David di Donatello per “L’imbalsamatore” di Matteo Garrone,
sarà il Conte Tolentano. Al loro fianco altri otto valentissimi attori e attrici.

Armando Pugliese, tra i più grandi registi italiani, ha diretto più volte le opere di Eduardo,
soprattutto successi storici che hanno visto protagonista Luca De Filippo.

Sul palco succedono una serie di eventi ed avvenimenti concatenati che rapiranno l’attenzione dello spettatore che godrà della comicità della situazione. Innanzitutto la lingua adoperata è molto ben pensata e concepita, adatta allo status sociale e culturale di ogni personaggio. C’è un richiamo, non sappiamo se voluto o meno, allo scrittore Goldoni e risiede nell’uso del verbo “disgustare” concepito con il significato di offendere che più di una volta ritroviamo nelle opere dell’autore veneziano.
Caratteristica predominante è sempre quella di scegliere di raccontare la realtà, di esaminare un tema prettamente realistico in chiave comica ma per nulla superficiale perché Eduardo è stato uno scrittore profondo.

La commedia, giudicata acerba, da alcuni solerti critici, è invece interessante e moderna
per l’uso ricorrente del “teatro nel teatro”: nella rappresentazione viene immessa una compagnia di attori … ecco il metateatro che altro non è che una rappresentazione teatrale di una rappresentazione teatrale! Anche già nel 1599, il grande Shakespeare dichiarava che “tutto il mondo è teatro e tutti gli uomini e le donne nient’altro che attori”, quindi la vita stessa una messinscena e nel teatro vengono esposti tutti gli espedienti e i trucchi che si cercava prima di mascherare per fare di questo aspetto il punto centrale di tutta la rappresentazione. Anche tutta la produzione teatrale di Luigi Pirandello si può definire come metateatro, in quanto vi è una volontà di svelare al proprio spettatore, sia la finzione del teatro che la teatralità della vita, soffermandosi in particolare su come ognuno di noi indossi quotidianamente diverse maschere, e il suo obiettivo è proprio quello di “smascherare” questa tendenza. Eduardo ha in sé profondità e sensibilità analoghe. L’Ecclettica si chiama la compagnia di questa rappresentazione, ed infatti la commedia di Eduardo inizia proprio con una prova nella hall di un albergo “citando” un tema tutto pirandelliano. Non è da sottovalutare che proprio negli anni ’20 Pirandello iniziava ad emergere come autore teatrale e le sue opere fascinavano Eduardo che, infatti, proprio in quest’opera tratterà anche il tema della pazzia.
“Trallalaralì Trallallaralà” è la canzoncina cantata dai pazzi che in realtà matti non sono ma si fingono tali per sfuggire alla realtà, in qualche caso disdicevole, in altri dura e vendicativa ed in altri ancora troppo cara per essere “pagata. L’opera mostra come l’uomo è in grado di perdere la propria dignità interiore pur di sfuggire alla distruzione della immagine pubblica. E questa non è più finzione!
Eduardo racconta di come un “galantuomo” pur di non macchiare la propria immagine e pur di mantenere alto il proprio nome si abbandona alla contraddizione propria dell’uomo stesso. Questo è un teatro avanzato ed immortale e da non perdere.

Anna Maria Mazzaglia Miceli

 

 

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