IL DUO ASHKENAZY PER TORNARE A SOGNARE LA NOSTRA GRANDEZZA

 

E’ un Giugno misterioso e pieno di novità. Nell’aria il cambiamento e, con esso, la musica nuova proposta al Teatro Vittorio Emanuele da Matteo Pappalardo. Non vedo il teatro così, da anni, sino all’ultima Galleria gremitissimo, tutti aspettano di ascoltare la legenda vivente il pianista internazionale Vladimir David Ashkenazy che arriva nella citta’ dello Stretto con il figlio Voka. Due pianisti dal piglio deciso e dolce che spargono note incantevoli con una esecuzione pulita, meticolosa, una raffinata commistione di suoni con i quali è possibile viaggiare sulla scia della grande musica classica autoriale. E così dal primo romanticismo ci immergiamo nel Novecento, partendo da Schubert con un Divertissement à la hongroise per arrivare sino a Rachmaninov Suite n. 1 op. 5, passando per Smetana e per Ravel con una serie di rapsodie spagnole per due pianoforti.

Con Schubert l’elemento di ispirazione folclorica viene resa con un insieme di accenti misti, la melodia ed il ritmo che risente della origine ungherese si espande in colori sugli spettatori attenti alla esecuzione a 4 mani su due pianoforti che si fronteggiano per diventare una unica cassa armonica solenne e potente. Bello il tema di apertura che ci riporta al rondo’ che introduce al sommosso movimento in si bemolle, rielaborando una serie di soluzioni ad iperbole che sottolineano la danza frammista alla melodia. Segue La Moldava Mà Plast (la mia patria) di Bedrich Smetana composta nel 1874, di impronta nazionalista raccontandoci la Boemia e il corso del fiume che si snoda tra i boschi facendo sentire i turbinii del percorso sognante; ed ecco Maurice Ravel e le sue rhapsodie espagnole ove il racconto popolare lascia spazio a ritmi e rotatori che riplasmano una forma e ridanno veste e contenuto alle sue origini familiari e i due pianisti seguono questo pensiero profondo di Ravel adattando le mani a quel suono magico ma nitido che all’unisono rielaborano. Un Rachmaninov raffinato e forte è cio’ che manda in visibilio il pubblico in chiusura del concerto che non vuole andare a casa ma restare in quella fascia di suono suadente e il pianista concede un valzer leggero di commiato per dischiudere un così appassionato incontro con leggerezza e destrezza.

Vladimir Ashkenazy , classe 1937 è uno dei piu’ celebri musicisti al mondo per la sua lucidità interpretativa e il virtuosismo mai sterile. Ha vinto il Grammy Award nel 1999 ed è anche un raffinatissimo direttore d’orchestra, il figlio Vovka lo ha seguito sia nel precoce interesse per lo studio del piano che oggi nel successo ed ha viaggiato per tutto il mondo stringendo intese musicali con altri eccellenti pianisti.

Una serata di quelle che non si dimenticano…in cui vuoi quasi che il tempo si fermi e non solo per la grande musica ma anche per la tua città che sembra essersi ridestata di colpo attratta dall’arte salvifica e prolifica…quella che Matteo forse ha vissuto la sera del 25 Aprile 1985, come Lui racconta, quando il Maestro Sinopoli appariva sul palco di un ritrovato splendido Teatro da conservare e amare.

Anna Maria Mazzaglia Miceli

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