PER UN AMORE CHE SIA AMORE

Massimo Ranieri e Giancarlo Sepe incontrano Cechov

Al Teatro Vittorio Emanuele di Messina l’attesissimo incontro con Massimo Ranieri e Checov: Il Gabbiano riscritto da Giancarlo Sepe è un trionfo che chiude questa fantastica stagione teatrale messinese.

Ha quasi settanta anni Ranieri, ma il suo vigore di attore e chanssonier è di una eleganza sofisticata che non ha pari. L’ex ragazzo strillone di strada si è trasformato in un magistrale capocomico, calato nei panni di un drammaturgo e medico russo, Anton Čechov! Il “Gabbiano” il difficile testo sfortunato di Checov ha trovato ieri, nella sintesi Massimo Ranieri e Giancarlo Sepe (che ha curato adattamento e regia) una espressione di grande stile in un dentro-fuori teatro in cui si snoda il racconto di un anima attraverso ombre. Si perchè sono tutti morti ed abbiamo letto solo un affascinante libro che parla di noi e dell’amore non concluso, dell’amore mancato, dell’amore… quello che abbiamo inutilmente donato, nel silenzio di interminabili attese. Qualcuno dice che è un lavoro di nicchia, altri che la trasposizione non è azzeccata ed io invece me ne sono innamorata. Si esiste solo Lui all’inizio e la sua poltrona rossa che spicca accanto al grigio scuro di un pianoforte che è anche il palco delle apparizioni…un fantasma che è Kostantin Treplev lo scrittore innamorato di Nina (la bella Caterina Vertova) che nutre un rapporto di odio/amore con la madre Irina Arkadina, un’attrice famosa ma giunta al tramonto della sua spettacolare carriera, anche Lei legata a Trigorin, un uomo che non la rispetterà mai. Ma chi è il Gabbiano? L’uccello libero del lago che Treplev regala a Nina come segno d’amore ma che lo stesso uccide… sotto gli occhi increduli della donna. Trigorin approfitta della delusione di Nina cercando di attrarre verso di sé la ragazza che lo ammira come scrittore. I due dimentichi di chi li ama stranamente si uniranno ed avranno un figlio che morirà. La relazione sarà disastrosa e travagliata e sarà lei stessa a raccontarla…. sentendosi come il gabbiano ucciso, ma confessando di amare l’uomo che l’ha distrutta. Treplev, geloso, si rinchiude nella sua solitudine e lavora ad alcuni appunti. Ecco che ritorna il tema del dentro fuori …della qualità dello scrittore, del ruolo della letteratura. Sepe inizia da questo momento di solitudine dell’uomo che evoca i suoi fantasmi per compiere non un viaggio di crescita ma un tragitto a ritroso nel tempo, vuole che entriamo nella tragedia dello scrittore, nei suoi ricordi di vita. Ecco apparire i personaggi non in cerca di autore, ma evocati da un nebuloso e nebbioso pensiero, da quando lo scrittore non riusciva a darsi pace per l’insuccesso della sua rappresentazione… alle semoventi figure che porteranno ad una analitica e cruda interpretazione introspettiva del testo. Emerge fortemente la figura del primo attore e non poteva essere che così perchè il testo è riscritto e cucito addosso Massimo Ranieri che diventa il giovane Trepev nella duplicazione di sé stesso giovane in una perfetta riedizione del classico chansonnier parigino della belle epoque che si esibisce in un repertorio riadattato della splendida «Avec le temps» di Ferré a «Je suis malade» di Serge Lama, da «Hier encore» di Aznavour a «Et maintenant» di Bécaud, da «La foule» di Cabral portata al successo da Edith Piaf a «La chanson des vieux amants» di Brel. In scena Martrina Grilli, Federica Stefanelli, Francesco Jacopo Provenzano fanno parte di un cast più che affiatato. Menzione a parte meritano le stupende e essenziali scene e i costumi curati da Maurizio Fabretti che diventano a volte veri quadri e proiezioni del lago o specchi o soltanto il prima di un teatro annunciato e poi vissuto mentre le musiche (Harmonia Team coordinato dal maestro Davide Mastogiovanni). sono un commento intimo e vero alla azione scenica ed un altra scrittura pensosa ed introspettiva che fa da contraltare essenziale a questo teatro di emozione.

La magia di Sepe è nella invenzione di un figlio anziano oppresso dal rapporto tormentato con sua madre e che entra ne «Il gabbiano» di Cechov, confrontandosi con i personaggi di quella commedia: a partire, propio da un Treplev che vede come un se stesso giovane intorno a cui girano fantasmi che gli vengono incontro uscendo da quinte nere (su cui, per rimarcarne la proverbialità, sono scritti a lettere cubitali i loro nomi) fra nuvole di fumo che richiamano anche la nebbia di certi cimiteri. E poiché il figlio anziano diventa la storia di Cechov, ed insieme lo scrittore stesso, non potrà che uccidersi perchè le parole così riguardate sono ricordi che impietriscono, sono ancore che ammiccano …sono voci…forti e non leggere di chi avrebbe potuto capire quel fondo amaro della nostra vita. Bellissimo il pianoforte che impera irrealmente largo al centro di tutta l’azione drammaturgica. Ritorna la bella intuizione di Shakespeare, con la sua metafora del mondo come palcoscenico. L’intreccio tra realtà e finzione, il gioco tra maschera, inganno e verità, diventa forte e spesso affidato al disegno delle luci che divengono coprotagonisti del trionfo di Ranieri. Una metafora della vita come spettacolo teatrale rappresenta un’immagine duplicata e complessa di specchio nello specchio. E Se il mondo è un teatro pieno di trappole, finzioni e inganni, è necessario abbandonare la scena e cercare un rifugio il più lontano possibile dai luoghi di sempre…sicuramente la letteratura e….. quand’anche essa ci abbandonasse, la morte ahimè! Non dimentichiamo che tutto ciò che Cechov ha scritto è un capolavoro, ogni singola parola è nata da sola, come un rigurgito di coscienza ed ogni parola, da sola trova il suo posto. Forse tutti i fallimenti che ci sono stati nei tentativi di messa in scena de Il Gabbiano sono proprio dovuti al fatto che si è tentato di fare qualcosa di nuovo e bisognava avere il coraggio di affrontare con semplicità e poesia Kostantin Treplev.

In Cechov esistono finalmente persone che parlano di arte e di letteratura il tema del fallimento è ben reso da Massimo Ranieri attraverso la melodia della canzone francese, Il fallimento è arte quando fa pulizia operando non facili scelte. Il fallimento contiene un principio di giustizia. Meglio fallire che essere una vittima del “non amore”. In Cechov troviamo tanto amore, amore che vaga e che la maggior parte delle volte non riesce a trovare il suo posto, mai ….una sedia rossa, delle apparizioni flash, e..la musica sono state così miracolosamente opportune a restituire la bellezza della eternità dell’amore.

Anna Mazzaglia

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