MODERNI MISERABILI …E LA STORIA CONTINUA…

Al Teatro Vittorio Emanuele di Messina Victor Hugò tra meditazione e denuncia sociale

 

Messina mia…così elegante se… sei a teatro…. il posto dove – mi dico – non si può non essere…perchè si pensa, ci si commuove, si riflette..il posto di tavole e sudore che ci regala un altro lavoro stupendo in questo mio mondo immateriale e spirituale che è questo stupendo Teatro Vittorio Emanuele. Tre ore che passano come se fossero 15 minuti, perchè il racconto de “I miserabili” di Victor Hugò è fluido ed intriso di un triste modernismo. Mi sento, oggi, meno miserabile? Ah sì!!! vivo in una società civile che sta alle porte di una nuova e piu’ intensa rivolta popolare, se non lo avessimo capito, solo che viviamo senza speranza e senza amore, mistificando persino il nostro rapporto con gli altri che sono l’inferno, in una economia in declino. Ma può una qualsiasi colpa destinare un Uomo al Bagno Penale per tutta la vita? Puo’ quest’uomo, intimamente redento in sé, essere braccato, nonostante abbia incontrato la tenerezza? Questo è il quesito dell’intero testo di Victor Hugò che affronta il tema complesso della conoscenza di sé e del perdono.

Jean Valjean, lo sappiamo è un ex galeotto che si presenta subito a noi…. la prima scena è la sua per dirci: “Questo sono io”, come fosse un condannato alla sua condotta, ma ruba in casa di un prelato e l’incontro con il Santo Uomo che lo scagiona e gli dona persino due candelabri come se il furto fosse stato un regalo…lo disarma. Mi ricorda… mia zia novantenne cui una rumena portò via tutto…Venne il commissario a casa e disse: “Signorina Lei è stata derubata?”. Forse – rispose la zia anziana – E vuole sporgere querela? E la zia rispose candidamente: No! Perchè? gli chiese il Commissario. E lei diede una risposta che restò scolpita nella mia mente: Se li hanno portati via vuol dire che ne hanno più bisogno di me. Possibile che ogni nostra immagine ne richiami un’altra? Si’ se si è in Armonia Universale con il mondo, sì se è arrivati, per vie nascoste ed incomprensibili, ad aver ben chiaro che forse tutti siamo stati inconsapevoli vittime di un meccanismo crudele ed ossessivo: il senso di colpa. L’ex galeotto comprende da un gesto minimale ma forte, che deve riconnetersi con la sua coscienza, compiendo il bene, dandosi una seconda possibilità che è fede e coraggio. Dall’altro lato esiste l’insidia : Javert, un poliziotto oscuro per cui le colpe sono incancellabili ed il reintegro nella società civile definitivamente frantumato. La storia procede sul palco grigio, con pannelli semoventi e luci che sono spesso basse, per riprendere il mondo furtivo dei sentimenti. C’è in atto un principio di ribellione, cui seguirà la rivoluzione francese ma è forte questo unire quella rivoluzione al mondo moderno ed alla dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, per cercare le ragioni del permanere di quei principi che ancora oggi sono inapplicati Leggi di Uno Stato che dopo averli recepiti, non li attua nelle aule dei Tribunali e non li tiene a mente quando deve legiferare. In piu’ il galeotto è sempre inseguito non solo dal suo passato ma da un sentimento nuovo che lo perseguita quello per la piccola Cosette che salva dallo sfruttamento da parte di una famiglia di veri miserabili. Quando Cosette si innamora il dramma dell’uomo si fa piu’ grande perchè deve rinunciare a quell’unica gioia che la vita Le ha regalato. Ma mentre la sua morte sarà salvifica e meravigliosa. Il Poliziotto che sarà graziato dal Galeotto è in sè per sempre maledetto dalla sua superficiale credenza, poiché non ha perdono o meglio è rimasto sospeso in un punto interrogativo che diverrà il suo tormento.

Victor Hugò lo scrive:“Viviamo in una società grigia; riuscire, ecco l’insegnamento instillato dalla corruzione dominante. Sia detto alla sfuggita, il successo è una cosa piuttosto lurida; la sua falsa somiglianza col merito inganna gli uomini. Per la folla, la riuscita ha quasi lo stesso profilo della supremazia. Il successo, sosia della capacità, sa ingannare per bene la storia.”

 

Luca Doninelli, è l’autore della riduzione teatrale coprodotta dal Centro Teatrale Bresciano, dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e dalla Compagnia degli Incamminati, che ha compiuto il miracolo di una sintesi fluida delle ben 1500 pagine del romanzo originale, in una pièce teatrale di circa 3 ore, legando gli episodi della vicenda di Jean Valjean, senza tralasciare ma neppure rendere centrale la vicenda politica, perchè narrando la vicenda umana, in fondo si narra la vicenda politica la storia di un popolo che forse miserabile resta, quando non si ricorda che ha una coscienza

I Miserabili” si trasmutano così in un dramma moderno e meditativo ambientato in un ‘800 che continua….. ed immerso in un oscurantismo fuori tempo che punta dritto al cuore con una recitazione che mette al centro l’attore che parla, l’uomo che cerca, perchè sono gli scenari vuoti i più belli e quelli destinati a compiere il miracolo della ricezione e della attenzione. Come se Pirandello tornasse con i suoi personaggi che narrano di sé di ciò che è accaduto per trasmettere l’attenzione sul …”continua ad accadere”. Anche la scena delle barricate è di memoria e di impatto emotivo nella sua dimensione di simbolo.
Trovo stupenda la scenografica di
Domenico Franchi, basata su tre imponenti elementi che, mutando solo di posto, permettono di cambiare gli eventi, di spostarsi nel tempo di passare, senza salti, da un hic et nunc ad un altro hic et nunc, quasi non ci sia separazione tra un prima e un dopo. Magica regia quella di Franco Però, che si preoccupa della fluidità meditativa del racconto di Hugò lasciando che arrivi la voce forte degli attori. E naturalmente il mio plauso apicale va a Franco Branciaroli che ci regala tutte le emozioni di un Jean Valjean umano, lirico, appassionato, perdente, vincente, dolorante, in cui convive una esperienza del dolore ed una santità del dono che è di immediata percezione. Bravo Franco Migliaccio che è uno Javert introspettivo che diventa alla fine protagonista di un monologo in cui emerge il suo dramma: Non è riuscito a pensare che Male e Bene non sono mai così esattamente distinti ed irreversibili. Tra i vari interpreti certo all’altezza della impostazione registica i coniugi Thenardier (Riccardo Maranzana e Maria Grazia Plos), nei limiti Filippo Borghi (Marius) e Margherita De Benedittis (Cosette) sicuramente scalzati dalla interpretazione grandiosa di Eponine (Valentina Violo).

Victor Hugò scrive:

«Finché esisterà, a causa delle leggi e dei costumi, una dannazione sociale che in piena civiltà crea artificialmente degli inferni, e aggiunge una fatalità umana al destino, che è divino; finché i tre problemi del secolo, la degradazione dell’uomo nel proletariato, l’abiezione della donna per fame, l’atrofia del fanciullo per tenebra, non saranno risolti; finché, in certi settori, sarà possibile l’asfissia sociale; in altre parole, e da un punto di vista ancor piú ampio, finché esisteranno sulla terra ignoranza e miseria, libri di questa specie potranno non essere inutili».

“Amare od aver amato, basta: non chiedete nulla, dopo. Non è possibile trovare altre perle nelle oscure pieghe della vita: amare è esser completi.”

Anna Maria Mazzaglia Miceli

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