MA …UN VIAGGIO NEL SUBCONSCIO DI PASOLINI

 

Al teatro Vittorio Emanuele di Messina di scena quello che potrei definire “lo spettacolo di vetro” tanto appare subito delicatissimo, nuovo, accattivante, così morbido che ho paura di romperlo. Mi parla di qualcosa che conosco bene… di un autore in cui mi identifico, ribelle, nel senso di giustezza sociale e coerenza sentimentale: Pier Paolo Pasolini, un uomo così legato alla figura della madre che, a sua volta, è stata scrittrice attrice ed insegnante, da rimanere assorbito dallo spirito di Lei, dalla profondità di quell’anima onesta. E se è vero che “MA” è il diminutivo di madre come lo pronuncia un bambino, è anche una opposizione, è il culto del “contro”, a costo non solo delle persecuzioni ma anche della propria morte.

La rabbia” di Pasolini nasce dalla osservazione della corruzione di cui si pasceva l’Italia attraverso lobbies che si erano create tra un paese politicamente osceno e una Chiesa che era ed, in parte, è assolutamente anticattolica. La rabbia era un film fortemente critico e polemico che analizzava i conflitti sociali e politici del mondo contemporaneo e oserei dire terribilmente moderno, basti pensare la orrenda cementificazione del paesaggio che causa ancora oggi la ribellione di interi territori, e la modernità svilente e senza anima che inneggia al materialismo, portando, in genere, giovani e non giovani alla sfiducia nel futuro. E siccome Cristo ha sofferto qui, ed è morto da uomo, bisogna cercare di vivere qui la propria disillusione ma anche la propria conoscenza e la denuncia per cercare una speranza, piuttosto che avere paura di chi ascolta.

Ecco perché MA colpisce ed assorbe, prima in quel silenzio a scena aperta prolungato ove la figura materna si compone e si scompone in sè stessa, mai cambiata ma solo incurvata dal dispiacere. Poi nella litania quasi cantata della sofferenza. Veste enormi scarponi La Ma, perché servono per seguire il figlio e batterli sulla scena come una protesta per gli oltraggi da Lui subiti. La Ma…del figlio bambino è il MA della opposizione della non accettazione della morte del figlio è la riaffermazione degli ideali. E ci ricorda qualcosa …ma sì la espressione di bellezza contenuta in quella poesia che Pasolini scrive alla madre come Supplica, provando a spiegare perché si resta assorbiti da quell’amore che genera vita:

E’ difficile dire con parole di figlio/ ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio/ Tu sei la sola al mondo che sa, del io cuore,/ciò che è stato sempre, prima di ogni altro amore/Per questo devo dirti ciò che è orrendo conoscere:/ e’ dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia./Sei insostituibile. Per questo è dannata/alla solitudine la vita che mi hai data./ E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame/d’amore, dell’amore di corpi senz’anima./Perchè l’anima è in te, sei tu, ma tu/sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:/ho passato l’infanzia schiavo di questo senso/alto, irrimediabile, di un impegno immenso./Era l’unico modo per sentire la vita,/l’unica tinta, l’unica forma: ora e’ finita./Sopravviviamo: ed è la confusione/di una vita rinata fuori dalla ragione./Ti supplico, ah, ti supplico:non voler morire./Sono qui,solo, con te, in un futuro aprile…

Pasolini scrive dunque di questo amore come genesi di una ragione critica ed anche di una destinazione di amore sommo. Io credo di comprendere questa dannazione, perché se nella vita hai avuto una madre che ti ha insegnato che l’onestà intellettuale non è una opzione ma, l’unica ragione per la quale sei al mondo, sei destinato alla denuncia, alla ritrosia dal semplice, ma anche alla ribellione perché ami, nella madre, ogni ideale che viene prima di tutti gli altri amori possibili e sei pronto a sacrificare tutto per quel Sommo Bene che Lei ti ha indicato.

Ed è ciò che si percepisce nella madre che resta sola a raccontare di un Pier Paolo che non c’è più, a narrarci la sua sofferenza, paragonandola a quella della Pia donna Madonna ai piedi del Cristo…qui la madre mantiene in vita Pierpaolo che subì ben 33 procedimenti giudiziari anche per vilipendio della religione e per offesa al comune senso del pudore. La Ricotta interpretato da un magnifico Orson Welles sequestrato nel 63 a seguito di un processo per direttissima, Teorema ritenuto scandaloso per i discorsi politici, Salò e le 120 giornate di Sodoma una allegoria antiestabilishment ed anticlericale che descrive una nazione di burocrati sprofondata nei suoi vizi peggiori, messo al bando e censurato e così la lista diventa lunghissima I racconti di Canterbury….tutti film denunciati e censurati perché erano veri nelle chiare critiche al sistema che Pier Paolo Pasolini muoveva costantemente. Ora la madre batte il tempo con le sue grandi scarpe maschili, come se fosse la continuazione del figlio ed essa stessa figlia da Lui generata nella disperazione estrema. Eppure MA è furia e rivendicazione…. è dolcezza .

L’apice di questo spettacolo-monologo teatrale, direi indimenticabile, è la prova di magia recitativa della bravissima Candida Nieri. Oltre che la drammaturgia della Dalisi che ci rappresenta Pier Paolo nella sua tragica morte, frutto di un probabile complotto, scivolando dentro un silenzio..casto come la morte del cigno puro.

Dal punto di vista tecnico poi la pièce è spettacolare poiché Candida Nieri tiene in mano il microfono avvolto in un fazzoletto bianco e modula la voce dal quasi canto ecclesiastico alla recitazione anche mimica, guidandoci in un percorso di memoria mistico e doloroso che ci fa riflettere sul nostro personale ruolo nel mondo. Sempre per chi ha sete di capire e di approfondire il lavoro le idee e le stranezze di un outsider che resterà nella storia del cinema e della letteratura come una icona di desiderio cui tendiamo. E’ questo il solo innalzamento spirituale che conosco e MA è davvero ora una parola di senso compiuto, ora che esco dal Teatro con una persona con cui abbiamo deciso di fare un film diverso…quasi solo guardandoci negli occhi. E la sera ci avvolge stiamo davvero uscendo per la strada senza chiederci “Ma è troppo tardi per tentare di mutare la ipocrisia in suprema pretesa di bellezza?”

Anna Maria Mazzaglia

 

 

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