AURELIO GRIMALDI E GUIA JELO: LA DIVINA DOLZEDIA…CINEMA CHE CINEMA!

 

Cosa è il colore se non ossessione benefica e sogno? il colore appartiene al carnascialesco mondo siciliano come il suo opposto: la oscurita’. Certo che la follia struggente, letteraria, provocatoria, fonda di Aurelio Grimaldi non poteva che raccogliere, in un film gioiello, la sua ribellione sentimentale, il suo provocatorio colto emozionarsi ed emozionare. L’aver scelto il Taormina Film Fest per una anteprima assoluta di La Divina Dolzedia significa scegliere ancora il tripudio di un vero cinema che varca le frontiere…Sì, perchè questo Festival che quest’anno non aveva il concorso, né i brillii, e’ stato il suggello delle competenze, la vittoria del gusto e della efficacia, il sapere che si espande e conquista. In questa ottica, Dolzedia la protagonista del film di Grimaldi non e’ una nave scuola, nel senso comune del termine, lo è perchè è il respiro di un vissuto reale …perchè è colei che sa tanto, che attraversa le emozioni ed i sussulti degli altri, sorridendo e piangendo, perchè è popolana ed madre ed è una prostituta ingenua, ironica, spumeggiante, ma “dea” profusa di quella divina tenerezza, di quella amara consapevolezza, di quella dolce ironia nostalgica che sconfina nel pianto. Si Lei è una metafora delle strade di una Catania pomposa e umana, letteraria e borgatara. I suoi opposti sono in amalgama trionfale. “È una prostituta pacchiana, vintage”, secondo me anche un po’ statua che si innalza sulla citta’, che però ama tutti ed è il suo misterioso “gnicche gnacche” che attira uomini giovani e timidi ed anziani, perchè da Lei non si fa solo erotismo, ma si impara il mistero della vita. Da Lei arriva, l’amica diversa, con lo sguardo sognante, che deve fare i conti con un sociale degradato (Simona Izzo) e quando la figlia di Dolzedia suona alla porta dello scalmanato appartamento, che tanto somiglia al mio, il mondo si ferma….appare il viso di bambina di Dolzedia che si ripara sotto la vestaglia vergognosa ed apre timidamente la porta. La comica ironia della vita è che Dolzedia dovrà insegnare cosa è lo “gnicche gnacche “ alla figlia, forse finalmente divenuta donna e dunque pronta ad accettare, anche la realtà che non è fatta di confini e limiti. Non esistono diversità, né peccati. Ad interpretare questo personaggio che domina la scena del nuovo film di Grimaldi e’ una delle attrici piu’ brave, piu’ sensibili, piu’ argute del panorama del cinema siciliano, italiano, ed internazionale: Guia Jelo che parla il dialetto della sua città…la vasta e magmatica Catania, ma che ha il volto di una bambina, dietro un quintale di trucco inutile che sottolinea solo la sua celeste ed avvincente bellezza, una nostra “Anna Magnani” l’attrice che ho piu’ amato. Mi fa ridere tanto Guia e mi emoziona e mi arriva tutta “come un pugno allo stomaco”, quando strizza gli occhi e li rigira… Dolzedia, è un angelo moderno, sopravissuto allo squallore di una vita qualunque, la sua casa è come lei, dannunziana stracolma di ricordi, opere d’arte che si mescolano a suppellettili religiose e presunti “ferri del mestiere” e tra personaggi avventori che visitano la casa ci sono le superbe caricature regalate da Tuccio Musumeci, Pippo Pattavina e Simona Izzo. Nel cast anche Lucia Sardo e, per la prima volta sullo schermo, Maria Chiara Pappalardo, ma anche il bravissimo Mario Opinato e Francesca Ferro.

Guia, ad un certo punto, interrompe la sua maschera chiassosa e recita ‘Donna de Paradiso’, nota anche come ‘Pianto della Madonna’, la lauda di Iacopone da Todi, e il canto XVIII dell’Inferno di Dante tradotto in siciliano e lì il film assume il valore dello straniamento e della attrazione fatale. Lei pretende che i clienti abbiano una cultura ed è capace di non farsi pagare purché pensino alla propria istruzione. Sogna di andare da Bruno Vespa a ‘Porta a Porta’ per declamare che la cultura è sesso, in quanto donazione del sé. Guia è Dolzedia perchè fine, elegante, mai volgare, sommersa dai suoi cappelli briosi colorati da strisce e nastri da sballo, dalle sue mise eccentriche che la rendono efficacemente sexy, coniugando la sua innata classe a una aura cinematografica surreale e quando il pubblico in sala applaude, Guia ha la voce rotta dal pianto, cerca il consenso dei figli….figlio amato figlio!

Film divertentissimo, commovente, autoriale. Ecco come la Sicilia si conquista il posto della internazionalità con il creativo estro di un regista che esce da tutte le possibili tracce.

Il film e’ scritto sceneggiato e diretto da un sempre ridente Aurelio Grimaldi Che da “Mery per sempre” che nel 1988 è stato portato sullo schermo da Marco Risi. E dopo “Ragazzi fuori” (1990) sempre diretto da Risi, ha scritto “Uomo di rispetto” (1992) di Damiano Damiani, “Fermo posta Tinto Brass” (1995) – ed ha approdato alla regia cinematografica con “La discesa di Aclà a Floristella” (1992), presentato al Festival del Cinema di Venezia. Subito dopo è la volta de “La ribelle” (1993) interpretato da Penelope Cruz e presentato al Festival di Locarno, e poi “Le Buttane” (1994, tratto dal suo libro omonimo) presentato al Festival di Cannes e vincitore del premio della critica al Festival del cinema di Rotterdam. Nel 1996 ha portato sullo schermo un tenerissimo “Nerolio”, tratto dal romanzo di Pier Paolo Pasolini, anche questo presentato in competizione in vari festival internazionali. Dopo “Il macellaio” (1998) e “La donna lupo” (1999) che non hanno raccolto grandi consensi, è la volta di “Iris” (2000) e “Rosa Funzeca” (2002), presentato come evento speciale a Venezia. Per la televisione ha diretto “Un nuovo giorno”, vincitore del premio per la miglior regia e la miglior interpretazione femminile al Festival di Salerno.”Nfernu veru” (’85), “Storia di Enza” (’91), “Palermo che muore Palermo che nasce” (’94) e “I Violanti” (’95) sono gli altri volumi pubblicati, e non c’è momento di calma per questa mente geniale della ricerca ….parte per Alicudi e fa uno spettacolare docufiction “Alicudi nel vento” premiato in molti Festival, ma poi volge il sguardo al Brasile …insomma quando non gira scrive, mentre è pronto a stare in viaggio per essere… con te e con te… in tutti i posti del mondo, senza divismi, viaggiando nel suo treno di possibili desideri, anche in quarta classe, e se dico “scusa Aurelio ma stai in un albergo con troppe scale” risponde sorridendo “ma io sono un camminatore”. E lo è veramente, è un camminatore di cervello che pensa al cinema come sua stessa dimora. L’esperienza di Grimaldi è quella di una vita che aspira al piu’ alto postulato dell’esistenza, di colui che sovverte i valori ipocriti dei benpensanti, che privilegia la esperienza dei sensi nella direzione e indicazione di una prospettiva, non solo visiva, che rivela una innocenza di affetti, una ritrattistica di solitudini, una pienezza di vissuto, un occhio multivisonario. I maschi sono perdenti nella sua cinematografia a meno che…non siano eccezionali, mentre il mondo delle donne irrompe in tutta la sua potenza anche non fintamente estetica…sono larghe sguaiate chiassose, vistose, profonde, madri, madonne, sante estreme le sue amatissime donne, direi anche femmine, ma argute, non banali ed eloquenti. La Divina Dolzedia è un film sulla forza del desiderio che è ribelle, sublimando intenti ed aspirazioni, è una trans-locazione in una Catania scrutata nei suoi interni e nelle sue intime ragioni. E così “al di là del bene e del male” veniamo proiettati nell’etica nietzschiana divenuta comica, sottilmente ed amabilmente poetica.

Anna Mazzaglia

 

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