Alla Sala Laudamo di Messina “Il sistema Ribadier” conquista gli spettatori

 

Alla Sala Laudamo arriva “il Sistema Ribadier” e leggendo i nomi in cartellone mi precipito…Conosco Antonio Lo Presti che ha adattato in atto unico la interessante commedia scritta a due mani dagli stravaganti francesi Georges Feydeau e Maurice Hennequin e ne firma la regia e conosco uno degli attori che fanno di questo spettacolo un fiore all’occhiello di questa stagione teatrale: Marco Mondì. Divento allora curiosissima di capire come dalla Francia si arrivi in Sicilia sulla scia del vaudeville o voix de ville (voce della citta’), poiché gli attori sono tutti fini caratteristi da scrutare, ma la mia ricerca è tutta per la messa in scena, poiché so che Feydeau fu un autore che amava la ritmica paranormale basata sulla apertura di un porta e la chiusura di una finestra per trarre da questo spunto per la risata e sopratutto che fu un “fustigatore della ipocrisia borghese”. Passo una ora che mi scorre come 10 minuti divertenti e assai provocatori.

Il Sig. Ribadier secondo marito di Angèle è afflitto dalla gelosia della moglie vedova di Robineau che l’aveva notevolmente tradita in vita, finendo con lo scrivere un testo che la donna trova sugli stratagemmi usati per tradirla, ma Ribadier ha un suo particolare sistema…riesce lo stesso a tradirla con la Sig.ra Savinet, moglie di uno stravagante commerciante di vini, usando l’ipnosi e il sonno di Angèle. Intanto però è tornato da Batavia un innamorato della donna, l’amico Thommereux, cui Ribadier confessa il suo sistema…mentre nella casa vivono anche la cameriera e l’autista che hanno una relazione sentimentale vissuta segretamente…

Trovo che gia’ l’allestimento in una stanza ben disegnata, con finestre che si aprono e chiudono e con ingressi che portano a segrete stanze sia indovinata per una messa in scena assolutamente movimentata, non solo per le entrate e uscite dei personaggi ma perché su tutto troneggia l’orribile e fantastico ritratto del primo marito che rimanda subito alla idea di un fantasy, ma sopratutto perché trovo “il folle e carinissimo Feydeau” nelle mobili facce degli attori, disegnate con un pennello perfetto. Antonio Lo Presti sta in tutte le sue caratteristiche movenze nel disarmante Sig. Ribadier, la orribile cameriera è uno sballo, Angèle è la ingenua “bella addormentata nel bosco”, Thommereux è un perfetto deficiente come l’autista biondo e suadente, ma che dire del Sig. Savinet con la riga precisissima nel centro dei capelli che parla lentamente e subodora gli affari anche nel tradimento della moglie?

Dall’ingresso di Savinet in scena vi è come un cambio della guardia…gia’ perché a lui non interessa che la moglie lo tradisca quanto che non si sappia che ciò sia avvenuto ed è un momento strategico in cui si fondono due personaggi meravigliosi uno nato in Francia e l’altro (ricordate Ciampa del Berretto a Sonagli) nato in Sicilia dalla penna decisa di un autore dell’estremo e del grossolano e cioe’ Pirandello. “ti devo uccidere solo se si saprà in giro”, perché tengo alla finta rispettabilita’? E’ questo l’archetipo della critica alla borghesia ipocrita che in Pirandello può diventare anche follia e follia del giusto mezzo mentre in questa bellissima messa in scena di Feydeau diventa compromesso. Angèle ormai sa tutto, ma Ribadier non vuole perderla e Lei in fondo non ama che la destrezza la carismaticità del marito che non cambierebbe con nessuno al mondo. Tutti bravi gli attori sapientemente scelti: Marialaura Ardizzone, Livio Bisignano, Giuseppe Capodicasa, Claudia Zappia e i superlativi Antonio Lo Presti e Marco Mondì.

Che dire della regia misurata di Lo Presti che si confronta con i cambi delle situazioni sceniche senza buchi, senza pause, se non quelle determinate dal movimento della azione e se regia è sintesi perfetta direi che Lo Presti fa di Feydeau uno stravagante soggetto siciliano che divertito si siede al primo posto per declamare che lui così francese è divenuto un colto capocomico tutto nostrano, sottolineando il nostro duplice aspetto di società civile che non scende mai a patti con la verità. Perchè? Ma perché ci piace ridere a soggetto anche di ciò che potrebbe sembrare un dramma, ma che in fondo non lo è affatto se si inverte il modo di guardare la medesima realtà. E così mi pare che anche questa sera si possa raggiungere, nel dopo spettacolo, il nostro immaginifico Maxim’s poiché noi che amiamo gli eccessi come Feydeau, siamo folli estrosi ma consapevoli della vita, al tavolo dei folli artisti consapevoli è forse meglio capire l’iperbole dello scorrere del tempo, evitando la mediocrità.

Rispunta qui più che mai la “pièce bien faìte” per nulla fumettistica o massmediale ma un pastiche concettuale e comico che nasce da un testo teatrale rigenerato nella sua rappresentazione e nel gusto di un equilibrio e rispetto del pensiero dell’autore che, a mio avviso, fu uno dei più grandi del suo tempo ed, a torto ritenuto, di serie B.

Uno spettacolo che fa pensare alla letteratura del teatro, alla grande invenzione di un ottocento francese che ri-fletteva sulla dimensione clownistica della vita.

Anna Maria Mazzaglia Miceli

 

La bellezza interpretativa e la voce di Marco Mondì in altro spettacolo

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